Giovanni Romeo – Per qualsiasi delinquente, nellβItalia moderna, rifugiarsi in una chiesa o in un qualsiasi altro spazio sacro, anche nel corso di rocamboleschi inseguimenti, era un modo semplice ed efficace per sfuggire alla giustizia. Ci si poteva rimanere indisturbati anche per anni, come in comodi covi, e approfittare non di rado della notte per continuare a delinquere. La difesa ad oltranza del diritto di asilo costituΓ¬ a lungo per la Chiesa romana uno dei capitoli piΓΉ impegnativi e controversi dei rapporti con gli Stati della penisola, anche nelle terre del papa re e a Roma. Il Sud non fu da meno: tra il primo Seicento e il primo Settecento migliaia di incidenti di quel tipo capitati in Italia meridionale passarono al vaglio della Congregazione romana competente, quella dellβImmunitΓ .
Le isole del golfo di Napoli parteciparono intensamente a quella stagione di roventi conflitti, anche se non tutte allo stesso modo. Mentre da Ischia e da Capri finΓ¬ a Roma un numero piuttosto alto di scontri di giurisdizione legati alla presenza dei delinquenti rifugiati nelle chiese locali, ben diverso Γ¨ il quadro di Procida. Buona parte delle tensioni legate allβabuso del diritto dβasilo rimase confinata tra lβisola e Napoli, non senza vivaci contraccolpi sulla vita locale. CapitΓ² cosΓ¬ nel maggio del 1684, in un caso di rilievo, che toccΓ² da vicino proprio la chiesa madre, lβabbazia di S. Michele Arcangelo.
Due contrabbandieri rifugiati al suo interno, allarmati dallβarrivo da Napoli di una squadra della Regia Dogana a caccia di due sacchi di pepe in loro possesso, elaborarono subito le contromosse. Convinsero a fatica un prete che viveva nei paraggi dellβabbazia, attraverso un nipote, loro complice nel contrabbando, a nascondere la refurtiva nella sua abitazione. La mattina seguente, perΓ², una soffiata consentΓ¬ ai doganieri di andare a colpo sicuro. Entrare in quella casa, sequestrare i sacchi di pepe, nascosti sotto un letto, e arrestare il nipote del sacerdote, fu un gioco da ragazzi.
Da quel momento la situazione precipitΓ². Mentre il prete urlava e preannunciava denunce per la violazione del suo domicilio, tutelato dal privilegio di foro, il piccolo corteo di ufficiali della dogana ed esponenti delle forze dellβordine locali finΓ¬, insieme allβarrestato, sotto il fuoco dei rifugiati. Dal tetto di una casa attigua allβabbazia uno di essi cercΓ², senza riuscirci, di ammazzare con una fucilata la spia, che faceva parte della comitiva. A quel punto, nel fuggi fuggi generale, ci fu la reazione rabbiosa dei doganieri e delle forze dellβordine.
Tre soldati raggiunsero subito il campanile, nellβintento di catturare i rifugiati, ma la protesta vibrante del curato di S. Michele convinse il capitano a farli uscire dalla chiesa. Nulla potΓ© perΓ² impedire a un gruppo di militari di stazionare minaccioso dinanzi alla porta piccola della chiesa abbaziale, per controllare che i due non ne uscissero, e di invitare gli isolani ad armarsi e a venire in forze a dar loro manforte. Un doganiere pensΓ² anche di chiedere a un giovane chierico di suonare la campana delle emergenze, quella utilizzata solo per suonare a martello e mobilitare i capifamiglia, quando era in gioco la difesa dellβisola.
Il rifiuto dellβecclesiastico fu netto: solo con lβautorizzazione del sindaco sarebbe stato possibile. Questβultimo, perΓ², subito avvertito, accorse e non esitΓ² a rilasciare il permesso richiesto. Gli esiti della decisione furono immediati: nel giro di qualche ora una folla di isolani armati si unΓ¬ ai primi giΓ arrivati e si assiepΓ² attorno alla chiesa abbaziale. Con ogni probabilitΓ , piΓΉ che alla tutela del diritto dβasilo, miravano ad impedire ad ogni costo la fuga dei due rifugiati. Quella situazione esplosiva, faticosamente governata dal curato e dal capitano, non impedΓ¬ agli isolani armati di tenere lβabbazia di S. Michele Arcangelo sotto assedio per un giorno e mezzo. Solo nella serata del 4 maggio autoritΓ civili ed ecclesiastiche convinsero gli occupanti ad andarsene. A quel clamoroso episodio la Curia arcivescovile, allertata subito dallβindispettito sacerdote, decise di rispondere con rigore, anche se con cautela, per evitare lβennesimo conflitto di giurisdizione con i ministri del vicerΓ© e con le autoritΓ locali.
Una raffica di scomuniche agli ufficiali che avevano βosatoβ violare la casa di un ecclesiastico e ai soldati che avevano ecceduto nello zelo segnΓ² lβavvio di un processo che si chiuse solo sei mesi dopo con la revoca dei provvedimenti punitivi. Nessun provvedimento fu adottato, ovviamente, nei confronti dei tanti isolani accorsi al suono della campana a martello. Alla fine, forse, pesΓ² sui giudici diocesani lβesigenza di non esasperare una comunitΓ pronta ad imbracciare le armi per difendere i propri luoghi sacri da abusi troppo spesso avallati dalle stesse autoritΓ ecclesiastiche. Anche cosΓ¬, in fondo, in anni di crescita tumultuosa di Procida e delle sue iniziative civili e imprenditoriali, si costruiva la grandezza di una piccola isola.