Pilgrims show a banner during the funeral ceremony of Pope Emeritus Benedict XVI (Joseph Ratzinger), in Saint Peter's Square, Vatican City, 05 January 2023. Former Pope Benedict XVI died on 31 December 2022 at his Vatican residence, at the age 95. ANSA/ETTORE FERRARI

Eliana De Sanctis – In questi giorni successivi alla fine di Benedetto XVI è tutto un pullulare di riflessioni (spesso giudizi) sul Papa scomparso, verso cui all’improvviso è piombata un’attenzione assopita per anni.

Anzi per essere più precisi, un’attenzione che non c’è mai stata, nè da parte dei media, che prontamente lo hanno categorizzato come conservatore, distaccato, quasi disposto a riaprire una guerra di religione con il Vicino Oriente; nè tantomeno da parte del popolo, che da quei media si è fatto condizionare e non poco.

Oggi, invece, tutti sembrano nutrire un affetto per questa figura che va via, in molti gli riconoscono uno spessore intellettuale rimasto incompreso (e di cui ha sicuramente pagato lo scotto), alcuni si dilettano perfino a interpretare quella “strana” relazione tra Fede e Ragione, come da qualche tempo è abitudine fare con ogni cosa.

E poi ci sono coloro che, con coerenza verso le proprie idee, neppure gli rivolgono un ultimo pensiero.

Non sta a me stabilire un giudizio ultimo e definitivo su un personaggio dai molteplici volti (come lo sono tutti quelli che hanno personalità imponenti o occupano posti di prestigio), ma mi viene da sorridere nell’assistere a improbabili esegeti che su due piedi si accorgono improvvisamente di capire (e soprattutto interessarsi) un nesso tanto complesso come quello tra Fede e Ragione, di cui finiscono per attribuire la paternità proprio a Ratzinger.

E siamo di fronte al primo errore: il concetto di una “fede razionale” sta proprio alle origini del pensiero cristiano. Il cristianesimo si sviluppa proprio a partire dalla pretesa di essere “l’unica religione razionale”, dove per “razionale” non si deve intendere (semplicemente) il suo essere accettabile da un punto di vista logico e matematico, ma il fatto che essa realizzi la Ragione.

E non si tratta di certo di un pensiero di Ratzinger, il quale si è semplicemente limitato a custodirlo fornendone magari nuove formule interpretative.

Da qui il passo verso il secondo fraintedimento è presto fatto: la tutela della dottrina cristiana comporta la difesa del dogma dell’Incarnazione, che contraddistingue il cristianesimo da tutte le altre fedi, che venerano una divinità trascendente.

Il confronto tra immanenza e trascendenza, carne e spirito, è pane quotidiano per chi si occupa di teologia; diventa invece oggetto di scandalo se filtrato dai media, che lo trasformano (più o meno consapevolmente) in una questione politica.

Sono episodi che pongono in evidenza la difficoltà sociale nel comprendere un Papa “troppo teologo”, segnandone il destino in un’epoca in cui al pensiero complesso è preferita la comunicazione immediata e scenica che fa leva sull’imprinting emotivo.

Questa la spinta alla decaduta di Benedetto XVI a cui ha prestato il fianco la sua indole dogmatica (ha dopotutto insegnanto per anni Teologia Dogmatica, un po’ di deformazione professionale ci starebbe anche, no?) venduta per conservatrice. Una semplice sostituzione di parole che trasforma interamente un significato, perchè se il “dogmatico” è non solo l’ammissibile, ma addirittura il necessario sostrato di qualsiasi dottrina metafisica, il “conservatore” sa di obsoleto, chiuso e respingente verso un mondo che ha la necessità di dirsi fresco, nuovo e giovane, inclusivo e libero.

Ecco, quindi, che la lettura mediatica disegnò il profilo di un Papa non popolare, a cui furono addossati i (soliti) scandali che turbano la Chiesa da tempo immemore (sempre), giungendo al prodotto finale di una figura da respingere, preferendovi qualcuno che sapesse stare “al passo con i tempi”.

Poteva un Papa che combatteva il relativismo sopravvivere in un’epoca iper-relativista come è questa nostra?

A dispetto di tutto, però, resta il cristallo teorico della teologia cristiana, che fonderà la Chiesa di qualsiasi tempo. L’interpretazione dottrinale lascia il tempo che trova di fronte a principi che rappresentano la carne e lo spirito del Cristianesimo stesso. E tutto ciò è in un certo senso confortante: un pensiero che si scolla definitivamente dal proprio dogma è destinato alla morte.

Al di là di ciò che si pensi di Benedetto XVI, di Joseph Ratzinger, gli va riconosciuta l’ostinazione con cui ha difeso il cuore del proprio credo, permettendogli di resistere in un tempo storico che tutto sopraffa, tutto annienta, tutto divora

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