Napoli – Una bellissima iniziativa quella di poter trovare all’interno del giornale “La Repubblica” un inserto, ma direi più un libro, dedicato interamente a Procida. E’ vero che siamo nell’anno in cui l’Isola è di fatto protagonista per essere Capitale Italiana della Cultura ed è vero che oramai i media hanno ampiamente pubblicizzata la vittoria. Non a caso il documentario di Alberto Angela ha dato ampio risalto alla sua bellezza e alla sua storia.

Dunque in quest’anno, così importante per lo sviluppo del territorio, che per la sua morfologia e la sua storia non può che passare attraverso la cultura, immaginare di progettare e poi editare un volume che la racconti, oltre che una iniziativa lodevole è in linea con il progetto culturale.
Fatte queste considerazioni e, dopo aver sfogliato il testo, nasce spontanea la domanda: In un Isola che da sempre ha ospitato intellettuali, poeti, scrittori, uomini di cultura non vi era alcuna personalità a cui poter chiedere un contributo? Non vi erano uomini che hanno scritto e continuano a farlo di Procida con una competenza, di certo ampiamente superiore a qualsiasi altro scrittore che, non avendola vissuta profondamente, non può conoscere i più profondi risvolti e le sue più vere tradizioni? E’ possibile che in un progetto che dovrebbe integrare proprio le genti del territorio e che dovrebbe avere come obiettivo l’unificazione della popolazione, attraverso il messaggio culturale, non si prendono in considerazione proprio le figure rappresentative della cultura isolana?
Voglio ricordare cosa si legge nel bando che è alla base dell’assegnazione del titolo di Capitale della Cultura Italiana:
“sostenere, incoraggiare e valorizzare la autonoma capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della cultura, affinché venga recepito in maniera sempre più diffusa il valore della leva culturale per la coesione sociale, l’integrazione senza conflitti, la conservazione delle identità, la creatività, l’innovazione, la crescita e infine lo sviluppo economico e il benessere individuale e collettivo”.
Dunque, a chi è assegnato il titolo spetta l’onere di incentivare uno sviluppo culturale quale paradigma del proprio progresso economico e di una maggiore coesione sociale, di coinvolgere tutti i cittadini senza generare conflitti.
Coinvolgere i cittadini, valorizzare le risorse locali non solo quelle paesaggistiche, ma anche e soprattutto quelle culturali, è dovere primo di chi amministra e di chi si assume il diritto- dovere di gestire la realizzazione del progetto.
E dunque nell’Isola di Arturo, si dimentica per superficialità o per volontaria disattenzione, di coinvolgere, spero non in tutte le manifestazioni, la cittadinanza, ci si dimentica di quei cittadini che con il loro impegno hanno fatto conoscere, ben prima del 2022, attraverso scritti e altro il territorio, forse anche con un livello culturale e di conoscenza del territorio superiore, di tutti coloro che hanno lasciato un significativo contributo che, a giusta causa, entra nella memoria storica dell’Isola.
Insostenibile una simile dimenticanza, inqualificabile un simile comportamento.
E allora cosa resta del progetto aggregativo e di coinvolgimento per mezzo del quale lo sviluppo per la cittadinanza diviene sostenibile attraverso la cultura?
Ancora una volta, come è oramai consuetudine italiana, si disattende alle ragioni che sono alla base di una iniziativa. Si utilizza un titolo, un premio, un progetto, un finanziamento esclusivamente per fini politici e demagogici.
Infine, possibile che i Procidani non siano stati informati dell’iniziativa e dunque non hanno neanche potuto comprare il testo allegato al giornale, peraltro finanziato con intervento dal POC Campania 2014-2020?
Chi scrive ben conosce le realtà culturali presenti sul territorio e quanto ampia sarebbe la disponibilità a contribuire al buon esito di una iniziativa lodevole e gratificante per Procida. Chi si arroga il diritto di essere depositario di un valore assoluto, solo perché è stato l’ideatore del progetto e dunque, in base a questo diritto, la facoltà di poter gestire il tutto in maniera autocratica, senza quel necessario coinvolgimento delle risorse locali, di fatto disattende il senso stesso della nomina e viene meno al valore che la cultura deve avere e cioè quello della coesione sociale senza conflittualità.
Invito tutti gli uomini di cultura presenti sul territorio a Scrivere per conquistare la forza, la ragione, il senso profondo di essere procidani.
Gino Finelli

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